ALZATI E ...INCAMMINATI

23.11.2019 19:19

Se la montagna è un toccasana per contrastare gli effetti della fb, è anche vero che paura di faticare o semplice pigrizia fungono spesso da spiacevole deterrente per chi avrebbe invece bisogno di  vivere la montagna sia sul piano fisico che mentale.

A tal proposito abbiamo sentito il parere di Ilaria Malfer, giovane studentessa, sportiva e "montanara", che, molto realisticamente, spiega come la montagna, col suo fascino e le sue sfide,  imponga anche delle regole e non sempre dia certezza successo e di conquista. 

Ciao a tutti, mi chiamo Ilaria, ho 24 anni e studio Design a Bolzano. Nel tempo libero amo disegnare, fare foto ma soprattutto andare in montagna o arrampicare. 

Detto sinceramente, non sono una che si alza senza problemi alle 6 di mattina per essere al più presto in quota, anzi spesso e volentieri ho preferito starmene avvolta nel piumone fino alle due di pomeriggio. Gran belle dormite quelle! Ma comunque mi piace anche fare fatica.

Vorrei che le montagne fossero una presenza costante nella mia vita, cerco di passarci più tempo possibile perché mi aiutano ad affrontare un’altra presenza costante nella mia vita: la fibrosi cistica. Questa malattia mi ha imposto fin dalla nascita un severo regime di cure per mantenere il più possibile una buona qualità di vita, e tra queste - per sfortuna o per fortuna - rientra anche il praticare tanto sport. Lo faccio, e so che fa bene a corpo, cuore e mente.

Fin da piccola  i miei genitori mi portavano in gita, insegnandomi a preparare lo zaino con il necessario per la giornata, niente sconti! Ecco un grande insegnamento della montagna: impari a portarti dietro solo ciò che è necessario. Vuoi il panino in più? Bene, portatelo tu, in spalla. C’era una bella lucanica in frigo? Bene, prendila tu nello zaino. Eh si, “tutto è utile, poco è indispensabile e tutto pesa”. O meglio: “en montagna, chi no porta no magna”. E al massimo si prende la torta in rifugio in cima. Mica male, no?
Naturalmente non è tutto è facile e bello, la prima mezz’ora di camminata, in particolare, è faticosa per me, perché devo ingranare con fiato e gambe.
Un’altra cosa che ho potuto imparare andando in montagna è quella di apprezzare la fatica e i frutti che ne possono derivare. Da questo punto di vista la montagna è una metafora della vita. Ti poni un obiettivo, fai fatica e lo raggiungi. Come in tanti altri aspetti della vita. A volte, poi, l'obiettivo e' esagerato, cerchi di fare un passo più lungo della gamba e, allora, in cima non ci arrivi, perché non hai le capacità per farlo. Anche questo si accetta, ci sono alcuni limiti fisici che vanno accettati, perché non si può pretendere di arrivare ovunque. L’umiltà è un’attitudine importantissima in montagna, perché ci si mette in relazione con la natura e con i propri limiti e non bisogna mai sottovalutarli. Ma, dall’altra, riconosciuto un limite, si lavora su e con se stessi per vedere se sarà possibile, un giorno, superarlo o anche solo avvicinarvisi.
È per questo che penso sia importante, non solo per chi ha la Fibrosi Cistica, ma per tutti praticare tanto sport in montagna. È un’occasione di contatto con la natura e con se stessi. 

Parole importanti,  che giustamente Ilaria rivolge a tutti e pensiamo utili soprattutto per i giovani che, maturando, devono acquisire un proprio stile di vita. Parole che ciascuno, anche in età adulta,  può fare proprie come doppio stimolo: ad una vita "sana" e alla capacità di mettersi in relazione con se stessi, con gli altri e con la natura. Concetti apparentemente semplici, ma tutt'altro che scontati. Perché non c'è conquista vera che non implichi uno scontrarsi o un familiarizzare  - a seconda dei punti di vista - anche con la fatica e, talvolta,  con la delusione della sconfitta e dei traguardi mancati.